Nell’ambito del lavoro dipendente, non è raro che il lavoratore riscontri delle anomalie nel comportamento del proprio datore di lavoro.
Uno dei casi più frequenti è che il datore calcoli erroneamente alcune voci della retribuzione. Il risultato?
Il lavoratore percepisce meno di quanto gli spetta.
Vediamo, quindi, come far valere i propri diritti nei confronti del datore di lavoro e, se del caso, come proporre una vertenza sindacale.
Lesione dei diritti del lavoratore
La disciplina del rapporto di lavoro subordinato è strettamente regolata dalla legge.
Il diritto del lavoro nasce, appunto, per colmare lo squilibrio di forza contrattuale che vi è tra il datore di lavoro, che è in una posizione di forza, ed il lavoratore subordinato o dipendente.
La legge pone, dunque, una serie di norme volte a colmare questo squilibrio. L’ordinamento italiano assicura al lavoratore degli standard minimi posti dalla legge e dai contratti collettivi. Questi standard non sono derogabili in peggio (cd. inderogabilità in pejus) dal contratto individuale, nemmeno per volontà del lavoratore stesso.
Essi riguardano sommariamente:
- La tutela della salute e della sicurezza del lavoratore;
- Il diritto alla retribuzione, che deve essere equa e sufficiente;
- La normativa degli orari di lavoro (quanto deve durare la giornata lavorativa, gli straordinari, etc.);
- Le regole sul licenziamento e sulla illegittimità dello stesso;
- La disciplina delle mansioni a cui il lavoratore è adibito;
- La previsione di ferie, riposi (settimanali e giornalieri) e permessi (retribuiti e non).
Come proporre una vertenza sindacale
Il termine “vertenza sindacale” è genericamente riferito a tutti gli atti formali con cui il lavoratore contesti, al suo datore, fatti di questi lesivi dei propri diritti.
La terminologia usata, anche se non corretta tecnicamente, rappresenta un retaggio del passato in cui i lavoratori, che volevano far valere i propri diritti, avevano come referente principale le organizzazioni sindacali.
Oggi il lavoratore che intende far valere i propri diritti, in prima istanza, può, autonomamente o a mezzo di un avvocato, inviare una comunicazione formale scritta al datore di lavoro.
All’interno è necessario contestare il comportamento lesivo dei propri diritti, richiedendone l’immediata cessazione ed eventualmente il risarcimento del danno.
Quando è il caso di proporre una vertenza sindacale
La cd. vertenza sindacale, quindi, può essere inviata al datore di lavoro ogni qual volta lo stesso ponga in essere dei comportamenti che siano lesivi dei diritti del lavoratore o quando non siano rispettate le norme di legge o del contratto collettivo.
A titolo di esempio:
- In caso di errori nel calcolo di alcune voci della retribuzione;
- Quando il lavoratore sia adibito a mansioni inferiore o diverse da quelle per cui è stato assunto;
- Nei casi di mobbing (consulta il nostro articolo);
- Se non pagati gli straordinari;
- Nel caso il datore non rispetti le norme sulla sicurezza del lavoro o sulla salute del lavoratore; (scopri se puoi ottenere un risarcimento);
- nel caso di obbligo alle dimissioni o licenziamento illegittimo;
- In caso di mancato rispetto della normativa sulle ferie, i riposi, e i permessi.
In tutti quei casi in cui si riscontrino, o sospettino, anomalie, la cosa migliore è rivolgersi ad un legale esperto in diritto del lavoro, per l’invio di una formale contestazione.
Gli obiettivi da raggiungere sono due:
- Ottenere la cessazione del comportamento illegittimo, ristabilendo la legalità;
- Richiedere il risarcimento del danno per la lesione dei diritti del lavoratore.
Se nonostante l’inoltro della vertenza, il datore perseveri nella condotta lesiva dei tuoi diritti, potrai adire l’autorità giudiziaria con l’assistenza di un avvocato.
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Autore: Avv. Giuseppe Lauro
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